Eleonora ha quasi 2 anni, e da quando il papà le ha comprato la sua nuova macchinina, lei non la molla un secondo. Ci gioca, la fa scivolare sul pavimento, la porta ovunque lei vada anche al parco giochi. Prorio al parco giochi, impegnata nel far fare alla sua macchinina rossa fiammante delle evoluzioni pazzesche sulla sabbia, succede che un bambino discretamente, senza dare troppo nell’occhio, le si avvicina, le si siede accanto e con un invidiabile gioco di mani, le prende la sua macchinina adorata. La dolce e spensierata Eleonora si trasforma in una furia, la sua faccia comincia a diventare rossa e dalla sua bocca esce un grido che raggiunge i diecimila decibel. Con la sua espressione contrariata comincia a incutere un certo terrore.

In quel momento il papà di Eleonora, vedendo la scena, si avvicina incitandola a prestare la sua macchinina, aggiunge che non succede nulla se fa giocare cinque minuti il bambino e che lei comunque ci gioca sempre e ci potrà giocare anche dopo.

Eleonora scoppia in un pianto inconsolabile, il papà si arrabbia. La scena finisce con il papà che la porta via dal parco dicendole con fermezza che se non impara a condividere i suoi giochi con gli altri bambini, non la porterà più da nessuna parte.

Una scena abbastanza frequente.

Ma cosa succede realmente al bambino ? Perchè per lui è così difficile prestare i propri giochi ? È giusto obbligarli ? Come ci si deve comportare in questi casi ?

Prestare i giochi non è per niente facile, d’atronde anche noi adulti se ci pensiamo abbiamo difficoltà a prestare le cose a cui teniamo.

Partendo quindi dal presupposto che in linea generale è difficle per tutti prestare un oggetto a cui si tiene, bisogna sapere che per il bambino lo è ancora di più perchè è in una fase di egocentrismo assoluto, fase importantissima che gli permette di costruire la propria identità il proprio essere, il proprio io. L’oggetto in quel momento è una parte di sè, un prolungamento di se stesso. Questo spiega anche il perchè dell’attaccamento quasi morboso ad oggetti per noi insignificanti come per esempio un sassolino trovato per strada… e l’immenso dispiacere che manifesta il bambino se quel sassolino si dovesse perdere.

Ma quindi, io genitore, come dovrei comportarmi ?

Il genitore in questo caso, può proporre al bambino di prestare l’oggetto in questione senza insistere se il bambino si rifiuta.
Se si nota che il bambino ha difficoltà a condividere i propri giochi, si eviterà di invitare amichetti a casa propria durante questo periodo e come luoghi di gioco si potranno proporre ambienti comuni come parco ecc.

Quando si tratta di giochi in comune, come al nido, si dovrà comunque dare la possibilità al bambino immerso nell’attività di portarla a temrine per poi rendere disponibile il gioco per gli altri bambini.

Ovviamente il tutto accompagnato da una spiegazione per entrambi le parti. La verbalizzazione e la comunicazione è sempre alla base.

Ma quando terminerà questa fase ?

Crescendo, con il passare del tempo e grazie alla maturazione del suo lobo frontale, il bambino passerà da una fase di egocentrismo assoluto a un bisogno di allargare le sue esperienze sociali.
L’appartenere ad un gruppo prenderà sempre più importanza e a partire dai 5/6 anni con l’apice nell’adolescenza (bisgono di appartenenza e di esistenza in un gruppo), Il bambino comincerà a giocare con l’altro e sempre più vicino all’altro, amerà giocare e lavorare in gruppo. Questo accadrà anche se in precedenza si era focalizzato solo sul suo lavoro e solo sul suo gioco.

Ma allora se non gli chiedo di prestare, diventerà egoista?

No, sarà il contrario. Rispettando il suo bisogno e la sua fase di costruzione di identità, non entreremo nel suo cammino naturale verso l’apertura all’altro e il bambino finirà per condividere spontaneamente. Questo avverrà quando per lui sarà il momento e quando il suo bisogno naturale di incontrare l’altro busserà alle porte..


immagine di Fanny Vella