Che cos’è l’empatia ?

L’empatia è al cuore delle nostre relazioni con l’altro.

Jean Decety, ricercatore a Chicago, definisce l’empatia come:

‘Capacità innata che permette di identificare e rispondere ai segnali emozionali degli altri, necessaria per la sopravvivenza, per riprodursi e per stare bene’.

Cosa succede nel nostro cervello quando proviamo empatia?

Quando proviamo dell’empatia, produciamo ossitocina, molecola sintetizzata nel nostro cervello dai neuroni dell’ipotalamo. L’ossitocina oltre ad essere la molecola dell’amore è anche la molecola dell’empatia (è un po’ come il prezzemolo, c’è veramente dappertutto).

L’ossitocina attiva le regioni cerebrali implicate nella relazione sociale. Contribuisce all’empatia agendo in particolare su una regione del cervello situata sopra le nostre orbite oculari, chiamata ‘corteccia orbito-frontale’ (COF). Questa zona, ci permette di percepire i segnali emotivi o emozionali, di interpretarli correttamente, di rispondere rapidamente e in maniera appropriata. Permette anche di decodificare in maniera molto precisa le espressioni degli occhi e del viso. Favorisce quindi la relazione soddisfacente tramite la percezione delle emozioni, delle intenzioni della persona che è con noi.

Sono molti gli adulti che non hanno ricevuto empatia durante la loro infanzia. Questa è la conseguenza di un comportamento comune negli anni passati diretto a reprimere quelle emozioni giudicate ‘negative’:

‘Non azzardarti a piangere’ , ‘Sii forte, non essere triste’ ,‘Non ti voglio sentire, se non la finisci le prendi di santa ragione’ sono solo degli esempi.

Il bambino non ascoltato, umiliato, si disconnette dalle proprie emozioni per non soffrire e per non fare arrabbiare l’adulto. E’ una sorta di meccanismo di difesa che mette in atto nei confronti dell’altro perchè l’esperienza gli ha insegnato a non manifestare troppo le emozioni per non metterlo di malumore e per non farsi sgridare.

Questo fa sì che istintivamente il bambino non avendo ancora interiorizzato la capacità di controllare i propri comportamenti impulsivi scaturiti dall’emozione, è portato ad inibirla. È importante invece che l’adulto lo aiuti ad accettarla e a identificarla per far sì che il bambino riesca a riconoscerla e in seguito gestirla e canalizzarla.

L’empatia comincia prima da noi stessi.

‘L’auto-empatia’ la prima tappa è di essere empatici con noi stessi. Accogliere, percepire e comprendere le nostre emozioni è una tappa fondamentale.

Avere dell’empatia per noi stessi è necessario per capirsi e conoscersi. È fondamentale arrivare ad accettare tutte le emozioni che ci attraversano, senza portare dei giudizi negativi su quelle che non ci piacciono e non ci fanno sentire bene.

Senza empatia per noi stessi, è molto difficile accettare che l’altro possa essere invaso da emozioni negative e aiutarlo a farne fronte.

Nella relazione con il bambino, questo lavoro di auto-empatia è di un grande aiuto anche per noi genitori. È bene infatti chiedersi ‘ cosa provo quando moi figlio reagisce così ? Cosa sento in questa o in quella situazione? Come mi sento quando mi risponde così? E accogliere le emozioni senza giudicarle.

Pietro ha 2 anni e arrivato il momento di uscire dalla piscina comincia a gridare e piangere. Purtroppo la piscina stava chiudendo e le varie strategie messe in atto da mamma Carla non sembravano funzionare… che fare ?

1- incitarlo a smettere immediatamente di comportarsi in quel modo e minacciarlo di non portarlo più

oppure

2- spiegargli che purtroppo è arrivato il momento di andare e che è normale che si senta triste e arrabbiato che non è mai facile interrompere un gioco con il quale ci si stava proprio divertendo.

Se siamo più portati a comportarci come nella prima opzione, proviamo a chiederci 

Perché gli chiediamo di smettere di manifestare la propria emozione? Perchè noi siamo cresciuti così e diamo per scontato che sia la cosa giusta da fare ? Che cosa proviamo quando nostro figlio si comporta in quel determinato modo : imbarazzo ? Rabbia ? E per quale motivo proviamo tutto questo ?

Se non riusicamo a capire quello che succede in noi, le nostre emozioni continueranno a lavorarci dall’inerno prendendo sempre più posto e facendoci discostare da quello che proviamo.

Questo ci porterà a non capire quello che percepiamo facendoci prendere così decisioni istintive e il più delle volte sbagliate.

Le emozioni sono estremamente utili perchè ci dicono quello che sentiamo, che siamo, su come potremmo migliorare e cambiare. Ci permettono di vivere in piena coscienza di noi stessi, di fare la scelta che ci corrisponde e capire come sta procedendo la nostra vita.

Molti adulti e ragazzi vivono senza preoccuparsi di quello che provano loro stessi e inevitabilmente non provano nulla di fronte al dolore dell’altro. Non hanno empatia verso loro stessi e di conseguenza non ne hanno verso gli altri.

L’importanza di verbalizzare le emozioni

Nominare quello che sentiamo, che proviamo, agisce positivamente sul nostro cervello e su noi stessi. Quando noi siamo stressati, l’amigdala cerebrale, centro della paura, provoca la secrezione di cortisolo, di adrenalina, molecole che in quantità importanti possono essere molto tossiche per la nostra salute fisica e psicologica. Quando riusciamo a mettere delle parole sulle nostre emozioni agiamo sull’amigdala cerebrale che diventa meno attiva facendo rallentare la secrezione di cortisolo e di adrenalina che diminuirà lo stress facendo tornare la calma.

L’empatia si trasmette

Ogni volta che il bambino viene trattato con empatia, secreta ossitocina che lo porta a sua volta a essere empatico e affettuoso. L’empatia si trasmette, é un circolo virtuoso. Più riceviamo dell’empatia più il nostro tasso di ossitocina aumenta e più siamo capaci di essere empatici. Il contrario é altrettanto vero, meno riceviamo dell’empatia, meno il tasso di ossitocina aumenta e meno riusciamo ad essere empatici.